giovedì 24 dicembre 2020

IL BACIO SOSPESO

 

A dicembre è sempre tempo di conclusioni, di tirare le somme sul passato prossimo, quello che ancora tutti sentiamo di più. Fa parte del presente perché la nostra condizione deriva da scelte in base all’esperienza o alla convenienza verso un futuro ancora dipendente da reazioni altrui o dall’andamento della vita stessa.

Con questi e altri pensieri vagavo per le vie della città addobbate a festa senza sentire il minimo calore. Mi stringevo nel mio cappotto come un povero senzatetto in cerca di quel qualcosa che non si può trovare in alcun negozio. Ero in cerca di affetto.

Alla fine dell’estate avevo chiuso una relazione, una di quelle importanti nelle quali ci si crede fin nelle viscere. Era in effetti finita da tempo per la routine, per la mancanza di un progetto, di un senso comune di cura e rispetto delle proprie aspirazioni. Lo avevo scelto io per non aver il coraggio di affrontare altro che l’inverno con le sue cupe e corte giornate. Crisi di mezza età, ma non solo. I miei genitori erano morti l’anno prima a poca distanza l’uno dall’altro e i miei fratelli mi avevano affidato il compito di disfarci dell’eredità. Non che ci fosse granchè da dover sbrigare ma quel peso mi si abbattè sulla coscienza con ancor più gravità. Ancora non mi era chiaro se quanto avevo deciso andasse bene a loro, che continuavano la propria esistenza ripartita tra famiglia e lavoro, senza passioni che accendano gli animi. Mamma e papà si erano amati invece e avevano curato la casa e il piccolo orto personalmente e ne erano sempre andati fieri. Poi non avevano retto all’onda di tante cose non facendo nemmeno a tempo a dettare le loro volontà.

Così, con l’anima contrita di un peccatore incongruente, mi ritrovai davanti la piccola cappella, residuo di una vecchia residenza nobiliare racchiusa tra ampi palazzi dallo stile neoclassico molto in voga in un certo periodo della nostra storia. Mi ci portava il nonno quando ero un ragazzino ed entravamo ogni tanto ad accendere una candela alla raffigurazione della natività, icona forse settecentesca che a lui trasmetteva un certo sentimento. A me piaceva il gesto di poter strofinare il fiammifero e veder sprigionare la piccola fiamma dallo stoppino impregnato di cera.

Entrai e cercai sia il quadro che il piccolo angolo di luminarie. Trovai invece luci soffuse emanate da fiammelle a led, tremolanti ma fredde. Soltanto il fondo della navata era adornato con il Cristo in croce, una scultura lignea di un non noto intagliatore regionale in vena di scimmiottamento artistico. Intorno a me il vuoto che accrebbe il tremore e l’intorpidimento interiore che, colpa anche la temperatura esterna, ormai si era impadronita di tutto il mio corpo.

Stavo per andarmene a cercare per lo meno un baracchino di vin brulè, ricordandomi poi che li avevano chiusi per minimizzare gli assembramenti che avrebbero aumentato il contagio sociale di una certa malattia, quando notai dietro la pesante porta un piccolo tavolo con due cestini. Mi avvicinai. Su di uno c’era scritto DONAZIONI e sull’altro RICHIESTE. Pensai a uno scambio anonimo di qualche servizio reso gratuitamente alla comunità ma vidi anche che al di sotto della superficie del tavolo era posizionata una cassetta per le offerte. Come fossero riusciti a crearne una rotonda o comunque come avessero adattato il frontale al profilo curvo ancora mi è un mistero.

La mia curiosità mi fece affacciare a quella piccola iniziativa strana di cui probabilmente solo alcuni avevano avuto notizia. I due cestini erano pressochè vuoti ma al loro interno erano stati depositati dei contenitori di forma uguale alle capsule medicinali in un materiale che al tatto sembrava sughero. Sotto la superficie del tavolo sul quale erano poggiati i cestini e coperto da una sottile lastra di vetro compariva una sorta di volantino. Devono averlo prodotto con la stampante di casa, pensai, poiché i caratteri erano tipicamente standard – Arial o Times new roman, se non erro – e il toner non copriva bene tutti gli spazi dovuti. Il messaggio però era chiaro: chi voleva poteva lasciare o una piccola somma o un biglietto con il proprio desiderio che poteva venire “raccolto” da coloro che si sentivano in grado di soddisfarlo.  Ne presi uno a caso nel piccolo mucchietto, lo aprii e… Quasi svenni. Non so se fu il caso o il destino ma mi trovavo tra le mani il desiderio della mia ex. Sapete cosa chiedeva? Un bacio. Sì proprio un bacio. Come facevo a sapere chi lo chiedeva? Sul retro aveva segnato il suo numero che io ricordavo a memoria con l’annotazione “sabato 24 dalle 18 alle 20”.

Ci eravamo lasciati per la sua freddezza nei miei confronti, per il suo disinteressamento al mio percorso professionale “danneggiato” dalla mancanza dei miei genitori che tanto mi avevano sostenuto e supportato non soltanto economicamente. Come mai ora lei chiedeva affetto? Si era pentita? Le mancavo?

Lasciai contenitore e contenuto sul piccolo tavolino nella luce fioca dei led freddi, alla mercé di chiunque sarebbe entrato dopo di me. Me ne uscii stravolto e sudato come dopo una corsa con il respiro affannoso.

Non vidi altro che una fitta nebbia che mi avvolgeva intensamente. Non sentivo più il gelo di prima e anzi avrei gettato il cappotto per terra e avrei urlato la mia rabbia mista a disperazione. Tutto mi sembrava inutile in quel momento. Disorientato e in preda a quel vortice di emozioni devo pure essere inciampato in qualcosa trovandomi improvvisamente a terra con le mani sporche di qualcosa di appiccicaticcio e maleodorante.

Trascorsi dei minuti in quel limbo fino a quando qualcuno non venne in mio soccorso e le voci si fecero più chiare. Forti braccia mi sollevarono e un fazzoletto imbevuto di una sostanza alcolica mi venne strofinato alla ricerca di eventuali ferite o escoriazioni. Salutai tutti subito come un ubriaco che si allontana dalla combriccola per scolarsi gli ultimi sorsi nel buio del vicolo preferito.

Rinvenni a casa, sprofondato sul divano accanto alla intensa luce della lampada da lettura. Le mani ancora maleodoranti, i pantaloni umidicci, le scarpe irrimediabilmente strisciate, la mia coscienza riprese le redini del mio cervello. Mi abbandonai alle forme dello schienale chiedendomi se non fosse comunque stato solo uno strano sogno. Non potevo tornare alla cappella, avendo ormai oltrepassato il limite del coprifuoco, ovvero l’orario entro il quale ogni persona doveva rientrare al proprio domicilio.

Quel bigliettino mi era rimasto impresso non soltanto nella mente e anche nei giorni successivi mi ritrovai a ripensare all’accaduto. Sarei stato tentato di dichiarare di nuovo il mio amore per lei? Mi sarei presentato con il mio vero nome o avrei oscurato anche il mio numero di telefono?

Non lo saprò mai. Siamo a Sabato 24 alle ore 20.01. Lei è una "precisina".

venerdì 29 maggio 2020

IL RESTO


Nessuno ha osato chiamarla LA NUOVA PESTE o LA PESTE DI QUESTO MILLENNIO, ma questa pandemia lo è stata davvero. Ora sembra sia tutto passato o per lo meno non si registrano nuovi contagi e gli ospedali hanno ripreso a pieno ritmo la loro normale attività.
Ne usciamo tutti tramortiti dopo lo spavento e la paura. Avevamo lo spettro in casa, quello paventato in molti film o libri. E’ stato reale.
Partito in sordina da lontano si è fatto presente nelle vite di tutti sconvolgendole anche senza apparente colpa di alcuno.
Abbiamo sottovalutato i segnali nascondendo la verità ai nostri stessi occhi. Ci siamo rintanati nel nostro io, chi spavaldo, chi pauroso, guardando al prossimo come a un nemico.
Il nemico invece era lui, invisibile e infido, imbattibile eppure labile al contempo.
Non abbiamo saputo dare quel colpo di spugna necessario alla sporcizia dell’umanità intera e ci siamo ritrovati, società civili e gente comune, in un’atmosfera di guerra.
La guerra ha sempre un motivo, prescinde da una dichiarazione tra contendenti e si svolge su un campo.
Oggi sappiamo che abbiamo dovuto lottare con le mani e con i denti, con le conoscenze e con l’esperienza per arrivare a una vittoria che speriamo non si riveli solamente un cessate il fuoco.
Le nostre armi ora sono più potenti, ma non è detto che anche lui non sia corso ai ripari e mediti vendetta.
Abbiamo sperato e pregato, ci siamo rivolti a quell’entità che tutto può, ma nella processione abbiamo accettato il prezzo.
Sapevamo che ci sarebbero state vittime, le avevamo messe in conto. Le guarigioni non ci hanno consolato fino a che la conta non si è invertita.
E allora abbiamo capito che la cima era stata raggiunta.
Abbiamo quindi lasciato fluire le acque del fiume, arginando la piena.
E l’acqua ha lavato i ponti, permettendoci di arrivare sull’altra sponda a salutare gli alleati. L’assedio è stato spezzato dalla tenacia e dalla resilienza, dalla scienza e dalla tecnica.
Ora abbiamo un mondo più pulito.
Sarà anche un mondo migliore?
Sapremo far tesoro di tutto questo o torneremo a mangiare e distruggere senza rispetto alcuno?
Domani. Domani sapremo la verità.
Ci sveglieremo al canto del gallo e diremo la nostra preghiera a noi stessi, unici untori di questa sciagura.
Poi prenderemo in mano la scopa e ci daremo all’opre.
E il vicino smetterà di guardarci con sospetto.
Forse.

martedì 12 maggio 2020

UMANITA'


E allora, Umanità?

-        E allora?
-        Allora cosa?
-        Che farai?
-        Non lo so.
-        Non pensavi forse di farcela?
-        Sì, ma non con queste conseguenze.
-        Eppure ci siamo ritirati qui proprio per questo: pensare al domani.
-        Ah, tornerà come prima, se non peggio.
-        Il solito.
-        Non nutrite speranza che più di qualcuno abbia imparato qualcosa?
-        Certo, ma credete che poi lo mettano in pratica o si lasceranno sopraffare dalla quotidianità?
-        No, ma quando mai!
-        E allora perché non proviamo a rimetterci in piedi incominciando con il nostro esempio?
-        Hai delle teorie o vuoi stilare un programma?
-        Dai, avanti, facci capire.
-        Ecco, magari per prima cosa, torniamo a casa dimostrando che lo vogliamo.
-        Punto primo: entrare con un sorriso e non lamentarsi di questo o di quello.
-        Poi un bacio a ciascuno, ma non esageriamo che l’astinenza è stata dura.
-        Lo sappiamo, lo sappiamo.
-        Poi stare attenti a dieta e soldi.
-        Condivisione dei beni!
-    Nel lavoro fare veramente gioco di squadra, sollevando le idee gustose e limando le critiche invertebrate.
-        Esatto. Quel che io non so, lo sai tu etc.
-        Rispettare anche le regole.
-        Sempre che non ce ne siano troppe o che contrastino tra di loro.
-        Agire con chiarezza e onestà.
-        Non si chiama coerenza?
-        Con un pizzico di rispetto.
-        Di quello buono, però e solo se si è convinti del proprio.
-        E poi un punto cruciale, amici: l’impegno.
-        E quando?
-        Non solo nel tempo libero.
-        Sempre e in tutto?
-        Allora è passione.
-        Mostriamo la faccia, ma configuriamola con il coraggio dell’azione.
-        Nel nostro cerchio?
-        Non solo.
-        Ma non mi dire che ti fai francescano.
-        Uno laico, per esempio, potrebbe essere un’idea, ma va modernizzato.
-        Del tipo saio e tablet?
-        Del tipo abiti normali e cervello. E di conseguenza tecnologia al servizio dell’immaginazione.
-        E l’ambiente?
-    Sono eco, eco, eco… da sempre, ma ogni nostra decisione dovrà tenere conto del futuro del pianeta.
-        Per me, per te, per tutti!
-        Esatto.
-    E non ultimo i sentimenti e le emozioni, filtrate dalla ragione e condotte fuori dall’anima attraverso la logica.
-        Ehi, fin qui mi piacevi!
-        Cosa ci sarebbe di strano?
-        Concordo che non dovremmo lasciarci trasportare e arrivare a estremi, ma anche piatti, no!
-        Tranquillo, si potrà ridere e piangere. E anche tanto altro, ma non troppo impulsivi.
-        Non male.
-        Mah, vedremo.
-        Sì, vedremo un mondo nuovo, umano.





lunedì 4 maggio 2020

DOMANI E' GIA' OGGI

Domani si potrà uscire. Non liberamente circolare, ma per lo meno non si dovrà stare attenti alla distanza, ai controlli. Insomma torneremo a una normalità di facciata.
Sarà bello poter tornare al lavoro. Con colleghi e superiori ci scambieremo i racconti delle nostre “ferie coatte” e sarà come il primo giorno di un nuovo anno scolastico.
Torneremo a sorriderci, a fare battute o a commentare le formazioni calcistiche dopo le manovre di mercato.
Qualcuno tenterà anche di mascherare quell’ombra di tristezza per un proprio caro e qualcun altro la nostalgia del poter evitare il traffico dell’ora di punta.
Si tornerà a vedere i negozi aperti, magari senza aver voglia di comprare se non il necessario per coprirsi o per sostituire un capo ormai logoro.
Si scommetterà anche sulle liste per le elezioni, con i partiti ormai tutti sciolti. Forse ci troveremo davanti al dualismo all’inglese con conservatori e progressisti o i soliti schieramenti di destra e sinistra che andranno in mischia appena insediati.
I miei bambini resteranno ancora una settimana a casa, ma fremono – inusuale – per occupare i loro banchi. Forse la maestra concederà loro di sedere accanto alla bimba dagli occhioni grandi e dai capelli d’oro o forse anche il bulletto si sarà calmato. Ci saranno giochi con numeri e lettere e tante altre cose da scoprire.
Mia moglie tornerà in palestra e con i miei amici ci ritroveremo per una partita di calcio balilla.
Fuori è primavera inoltrata e gli alberi, gustandosi l’aria più pulita, si ergono già frondosi facendo presagire paesaggi d’ombra e l’estate avanza.
Stiamo respirando un’aria nuova di unità e rinnovata sensibilità non solo per il prossimo. Cambieremo rotta in economia, troppo dipendenti dall’estero che in quanto a solidarietà non si è dimostrato generoso. E non solo in questa occasione.
Dovremo ripartire da noi, dal nostro orticello, condividendo con la comunità i nostri frutti. Vedremo anche spuntare i soliti approfittatori o gli scansafatiche, ma sono sicuro che ci sarà spazio per tutti. O quasi.
Dovremo rimpiazzare la cultura perduta dei nostri avi che non abbiamo fatto in tempo ad apprezzare né a memorizzare. Avremo la tecnologia a condurci, anche se ora mi auspico che saremo noi a portarla al nostro seguito.
Avremo ricordi e uno spettro reale che ci rammenterà che se non stiamo attenti potremo ricaderci, nella trappola del troppo.
Riprenderemo piano piano le nostre abitudini cambiati dentro e forse anche fuori. Invecchiati o ingrassati o entrambe le cose. Molti avranno preso decisioni che magari non rispetteranno, ma io sono sicuro che tutto questo, le riflessioni, il dolore, lo spavento, la riscoperta di valori dimenticati ci avranno resi migliori. Almeno lo spero.
Ora mi corico. Domani è un altro giorno.

martedì 24 dicembre 2019

IL QUARTO MAGIO


Mo arrivo, aspettate.

Scusate, so’ un po’lento. Sapete, l’età!

Le stelle m’han detto che tra un po’ nasce un bambino. E che c’è di speciale in questo. Niente, solo che esso si definirà nei secoli IL SALVATORE: Eh, di Salvatori ne è pieno il mondo!

Nono, qua nun se scherza: lui è l’unico e vero. Sarà. Vedremo. Al momento ancora sta in panza a mamma soja che pare… dicono che abbia… no non ha e si è ritrovata così, piena pure di Grazia. Ecchè, mò ci mettiamo pure Grazia! E che storia è questa!

Allora: dovrei seguire una stella molto luminosa, ma qua tutte così sono. O sono io che invecchiando nun la scorgo.

Andiamo su, ciuchino mio, che si fa notte e illo camino è lungo. Poi dove dovremmo andare noi: est? Ovest? Sud? Nord, ecco, meglio al nord che anche se fa più freddo lì si sta sempre meglio. Chissà perché.

Con me ho tutto e di paese in paese, di oasi in oasi mi lasciano passare. Sono tempi brutti questi co’ sto Cesare che vo’ creà l’Impero. Come? Arrivato fino in Cina? E chi te l’ha detto? E te je credi.

No, dicevo: tempi brutti che fino a che guardi sei sempre sotto Roma. Ma n’do sta? Perché mo vojeno censirci? Non je basteno e tasse?

Non importa: tengo o ciuco, il LIBRO e i doni. Eh sì pèerchè se o cojo e o vedo, non penso di poter presentarmi senza nulla. Un se sa maje, anvedi che questo diventa veramente il RE dei RE. E io che so’ RE MIGIO? So mica mogio sa.

Dunque: Pane e latte, de capra che qui e vacche so’ ancora quelle magre. Lenzuolini e completini, certo da ricamaje e iniziali, ma pur sempre boni, pecorino, insalata, du mortazze… Quelle sono per la dogana. Insomma tutta robba bona e utile, mica come la bir… ehm mirra. E che poi, la usi per scaccià l’odore suo o quello di bue e asino?

Dunque me dicono Betlemme. Casa spoglia e non in centro. A catapecchia con nemmeno una stella. Ecco, forse jea danno dopo… Proviamo de qua.

Scusi sto cercan. Ehi ma che maniere! E nun sape che so’ io pure un RE? Qua me pajono un po tutti matti. Sarà che dimane ce tocca tutti fa a fila che ce contano.

-        Guardi che arriva in ritardo. Era la settimana scorsa.

Come? Settimana… scorsa? E mo? Andrò dal Console o dal questore. Ci sarà pure un modo. E poi sì che interessa a loro: uno in più o in meno… tra questa folla mi potrò anche confondere. Il problema forse sorgerà se ripasso il confine che a est qui c’è anche il mare. Ah, il mare! L’ho sempre sognato!



Mi sa che per stanotte nun se fa niente. Troviamo un angolino tranquillo per riposarci.

-Scusi, buonuomo, che ci lascerebbe giusto un angoletto per me e il mio ciuchino. Arriviamo da lontano e… Oh, ma che bel pupetto. Quanto tempo?

- Quasi dieci giorni.

- Bello biondo! E anche ricciolino. Che angioletto!

- Tutta apparenza. Non sa quanto frigna di notte. Poi sempre a mangiare sta.

- Dai, Beppe, di che ti lamenti. E’ piccolo e si sa che hanno sempre fame.

- Zitta Marì.

- Aspettate, chè vi chiamate Giuseppe e Maria?

- Si, perché? Chi vi manda?

- Nessuno, credo. Sì, nessuno oltre il nostro grande Cesare, Imperatore di tutto l’Impero.

- Ah, io che credevo foste un emissario di nostro cugino…

NO, forse non sono loro, ma meglio starcene accorti.

-        Allora possiamo?

-        Siete qui.



-        Volete favorire?

-        No grazie. Già provveduto.

-        Ma siete in partenza?

-        Si, purtroppo. Ci hanno avvisato e tentiamo di rientrare.

-        Da che parte?

-        Ovest, ma ancora non abbiamo deciso. Attendiamo il segno.

-        Che segno.

-        IL segno.

-        No, scusate, ma qui devo essermi perso. Quale segno?

-        Oh, non importunateci, per favore. Anzi, guardate, dalla locanda se ne vanno praticamente tutti. L’asino se volete lo potete lasciare, ma voi…

-        No, scusate voi, non volevo… Poi grazie comunque ma io e ciuchino siamo inseparabili. Dove sta lui ci sto pure io e viceversa.

-        Ecco.

-        Cosa.

-        Nulla.

Strano davvero. Meglio tenerli d’occhio. Poi il segno. Ma quale sarà? Anche per loro una stella? Allora son giusto.

Lei è proprio una bella donna, così dolce. Lui invece troppo rude. Che non abbiano qualcosa da nascondere?

Poi la differenza d’età. Ma sarà veramente figlio loro? Non è che se lo sono pigliato. No, dai, non è possibile… eppure c’era qualcosa… vediamo: pagina, pagina…

Re Migio si addormentò in quella notte già piena di terrore. La storia, ripeto LA storia, era appena incominciata e lui non se ne era nemmeno accorto. Non ne ebbe il tempo.

IL segnale arrivò, furtivo come un sussurro e dilagò come un fiume in piena. Si salvi chi può era il motto e la giovane coppia – chiamarla giovane era solo un eufemismo – riprese il cammino a stento, ma riuscì a cavarsela uscendo dalla città con gli ultimi esodati.

Re e ciuchino li trovarono accoccolati qualche giorno dopo, freddi come la pietra che li aveva accolti nell’ultimo sonno. IL carretto con i doni sparito, rubato forse o saccheggiato dagli squadroni di Cesare, sempre in cerca del segno.

IL grande libro tenuto sempre stretto non fu mai più trovato. Alcuni riferiscono di averlo visto bruciare da parte di alcuni ragazzini che non sapevano leggere.

E’ qui che si persero le tracce della vera predizione. Ciò che si tramanda è stato in parte travisato e in parte rivisitato a uso e consumo delle diverse autorità.

Andò come andò perché l’Uomo comunque ha ben poco da cambiare. O no?



 Giusto giusto per augurare a tutti, ma proprio a tutti


BUON NATALE! 

venerdì 26 luglio 2019

e... state!

E' vero, non mi faccio più sentire da un po' su questo canale.
L'altro (FB) è più immediato e forse più utilizzato, quindi più veloce per la divulgazione.
Comunque, lavori in corso. La mia attività di agente (e non di polizia) mi toglie il respiro tanto che sono ferma con tutto il resto. Poi si aggiunge la montagna di altri impegni di contorno per cui dovrò attendere che la biblioteca nella quale mi rinchiudo per comporre riapra con orari decenti.
La domanda cruciale resta: riusciranno Sarah, Margie e Alec a sbrogliare la loro matassa familiare e personale?
Io ho delle soluzioni, ma non ve le dico subito.
Aspettate il seguito di POZZO DI VETRO che prima o poi arriva. Cerrrto che arriva!
Mica faccio l'agente letterario per nulla!

mercoledì 19 dicembre 2018

NATALE MIO

Caro Natale, 
no non è così che volevo iniziare oggi.
Lo so che è da tempo che non scrivo, che sono latitante e che di notizie ne avrei, ma che volete farci se tra una cosa e l'altra non riesco a trovare un secondo forse nemmeno per accertarmi che sia tutto a posto.
No non è così che volevo la mia vita ma questo comunque è stato un periodo di grandi cose. Mi sono dedicata ad altri progetti non miei e sono tutti o quasi andati "in macchina".
Gli altri, quelli della mia penna sono chiusi dentro una chiavetta USB ancora in bozza e non terminati. Il resto è nella mia testa e preme da tempo per essere messo su carta.
Scrivere, creare - anche l'editor deve avere quella certa venuzza - non ho mai smesso. Ho soltanto pigiato il tasto pausa sul mio registratore (e non di cassa). Ora vorrei riattivarlo e non dovermi troppo preoccupare se fa freddo o troppo caldo o dove sono.
Certo, ho allargato i miei giri, ho conosciuto persone con le quali in futuro chissà…
Ho ascoltato storie, ho aiutato forme e contenuti, ho riassunto soggetti e ambienti, ho ritrovato ricordi e sono qui in attesa del refill d'inchiostro per poter dire ancora una volta che Margie, Alec e Sarah si sono ritrovati uniti, ma anche se stessi, stringendosi la mano dopo una dura trattativa.
Vorrei farvi leggere pagine appassionanti o leggere, versi dolci o vertiginosi. Vorrei insomma regalarvi un sorriso , una parola per rimanere insieme, come sempre non a guardar la luna, ma l'orizzonte, lontano.
Grazie a tutti.

SERENO NATALE E ALTRETTANTO FRUTTUOSO 2019!

sabato 7 luglio 2018

SANTELLI SE NE VA

A seguito della decisione di chiudere la NUOVA SANTELLI EDIZIONI il mio romanzo CUORE DI PIETRA TORMANNA non è più acquistabile essendo stato ritirato dal commercio.
Non è stata un'avventura molto edificante poiché questo editore ha tentato di esalare l'ultimo respiro senza l'aiuto di medici competenti.
Sono spiacente per tutti coloro che avrebbero voluto leggerlo poiché non so se mai lo pubblicherò - di certo non quest'anno.
Essendo poi stata anche per me una prova e non avendo intenzioni di aggiungere storie di Cosimo Petralia da Villarosa, questo episodio rimarrà tra le retrovie di classifiche improbabili (Fumetti) in attesa di diventare IO famosa.
A quanti vorranno copiarmi un grazie per citare la fonte.

Non iniziate a piangere perché non ho intenzione di mollare. Sto solo cercando il tempo per terminare altre cose.
Seguitemi con piacere.

martedì 10 aprile 2018

ME AND...

Nel quadro della promozione sia di POZZO DI VETRO che di CUORE DI PIETRA TORMANNA Isabella Vanini mi inserisce nel suo blog con questa intervista dove  parlo di me coma autrice e della mia professione.
Appassionatevi anche a Evelyn Storm.



https://l.facebook.com/l.php?u=https%3A%2F%2Fevelynstormworld.wordpress.com%2F2018%2F04%2F10%2Flintervista-a-silvia-licetti-e-i-suoi-libri-cuore-di-pietra-tormanna-e-pozzo-di-vetro%2F&h=ATMe283GCExfXakmjyE4o3HjcYgpfYeV5Z_FzLSk3ILiG9_JWJ86u_CMgPyQ1xj2axWQkrH5CUWl8G_6qvdrWQIUkzrDEHs4JCIwZed75AmeY-PRCVVLhQ

martedì 27 marzo 2018

AUTO INTERVISTA

IN attesa di farmi veramente intervistare in qualche radio e in attesa della presentazione di Trieste, eccovi alcune domande e risposte (brevi).


1.     Da dove è nata la tua passione per la scrittura?
Dalla lettura che ha accompagnato ogni fase della mia vita. Poi da qualche timido test, infine da apprezzamenti di più di una persona.

2. Cosa ascolti mentre scrivi?
Preferisco concentrarmi e quindi mi rintano in biblioteca.

3. Cosa ti aiuta quando ti blocchi con la scrittura?
Esco. Natura o folla, poco importa. Basta non pensarci. Poi di notte…

4. Perché hai deciso di iniziare a scrivere?
Una sfida con me stessa, per vedere se l’impiegata era l’unica cosa che sapessi fare.

5. C'è qualcuno o qualcosa che ti ha ispirato?
Tutti e nessuno. La vita in generale e soprattutto spinta dalla voglia di comunicare. A modo mio.

6. A quale genere appartiene?
POZZO DI VETRO è un romanzo che posso definire semi-autobiografico. E’ la storia di una donna, di una rinascita ovvero come ci si rialza dalle “botte” che la vita ci regala o riserva.

7. Pensi di allargare i tuoi orizzonti anche cimentandoti nella scrittura di un altro genere o preferisci continuare in quello che credi faccia per te?
Già fatto. Assieme a Danilo Simoni c’è AZRAEL, un giallo e in giro c’è anche la mia piccola antologia 1984-2014 Jonathan e gli altri, racconti diseguali dove trovate ironia, suspence, rifacimento di classici, brevi, lunghi…

In futuro chissà.

8. Quando una persona vuole scrivere una storia raramente sa da dove iniziare, ha troppe idee ma non sa come conciliarle. Tu da dove hai cominciato?
Da me e non da tre, come il buon Troisi. Nel primo capitolo c’è il riassunto della mia infanzia fino alla maturità. Poi ho cambiato non eventi, ma tempi e modalità e luoghi… insomma ho “romanzato”, tanto per indurre a non capirci nulla di me.

Il finale: aperto. Lo scopriremo solo vivendo.

9. L'idea di questa storia come ti è venuta in mente?
Il ricordo di me bambina a girare attorno il pozzo della casa dei bisnonni materni. Esiste ancora e mi dispiace non averlo inserito in copertina. Quello invece ritratto è alla casa dei nonni paterni.

10. Sapevi già come avresti strutturato la storia o ti è venuta ispirazione volta per volta?
Senza pensarci troppo ho delineato le questioni da inserire nelle quattro parti di cui è composto. Il finale è venuto da sé e non poteva che essere quello. O no?

11. Ti è capitato di immaginare le scene del tuo romanzo mentre non stavi scrivendo, magari mentre non avevi nulla a portata di mano per segnarti le idee? Come hai fatto in quei casi?
Per questo no. Anzi la stesura è stata veloce e senza spasmi. Qui sono riuscita a creare andando avanti giorno dopo giorno senza dovermi fermare per far decantare le cose, assalita dai dubbi. Credo si rispecchi anche nel testo questa cosa.

12. Quanto di te c'è nei personaggi di cui hai parlato? E in quali, precisamente?
Sarah sono io, ma anche no. Mi rimane comunque “terza” nonostante tutto.

13. C'è stato qualcuno a cui ti sei ispirata per delineare il carattere o le azioni dei personaggi?
Mia sorella ha prestato qualcosa a Margie, ma non vi svelo cosa altrimenti mi disereda. La famiglia Browne non è la mia, ma il regime autoritario che viene descritto è un po’ anche quello. Serge, Richard e Arianna… amici.


14. Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Di solito sono desta. La mia materialità e il mio essere concreta non mi fanno volare alto e chi mi conosce sa che rimango umile e arrossisco se mi fanno dei complimenti.

Diciamo che un bell’assegno e un grazie dai lettori mi farebbe felice. Poi pago anche da bere.

15. Come hai capito quale sarebbe dovuta essere la conclusione del romanzo?
So che come la mia vita anche quella di Sarah ha un seguito, quindi ho pensato a qualcosa di aperto, come piace a me.

Come direbbe qualcuno: mi seguite?

16 Cosa hai provato quando hai scritto la parola "fine" alla tua storia?
Per certi versi Liberazione. Avevo già saputo del concorso/selezione della Elison Publishing per cui mi ero imposta di terminare in tempo e riservarmene anche per la rilettura. Avevo però anche svuotato la mente.

17. E cosa hai provato, invece, nel sapere che il tuo romanzo sarebbe arrivato nelle case degli italiani?
Orgoglio. So che certi amici attendono con impazienza le mie uscite autoriali, ma il sorriso alla consegna della copia autografata aumenta a dismisura la mia autostima. Una bella rivincita ai commenti riguardo i primi tentativi e quindi mi dico: forza, questa è solo una tappa, ma è anche bello sapere che si può migliorare ancora.


Grazie.