sabato 22 dicembre 2012

SULLA VIA DEL NATALE

Siamo sulla via verso Betlemme io, il mio asino e Maria, mia moglie. Dobbiamo tornare al paese dove sono nato perché ci hanno ordinato di fare così. Devono contarci, hanno detto, ma gli è difficile farlo semplicemente radunandoci sulla piazza.
È da molti giorni che siamo in viaggio, decisamente in scomodità, ma se non lo facciamo saranno di sicuro dei guai peggiori.
Ho lasciato la mia piccola bottega da falegname con la speranza che tutto vada bene. Non so se mai vi farò ritorno o dove ci porterà alla fine questo nostro camminare. Mi hanno chiesto di farlo e non posso sottrarmici.
Non conosco nessuno, ma vedo che lo spirito dell’ospitalità è presente qui, soprattutto ora che i pellegrini sono tanti. La gente è solidale, se può, e mi pare che l’Abbondanza faccia brava mostra di sé.
Siamo in due, ma presto saremo in tre. Mia Moglie sta per darmi un figlio. Me l’ha detto tutta spaventata una sera quando sono rientrato. Aveva visto una strana creatura che glielo ha annunciato arrivando dall’alto. Le ha comunicato anche che ciò che lei custodirà per qualche tempo nella sua pancia sarà fondamentale per il mondo intero. Maria è ancora una ragazzina e forse è stata turbata nel profondo proprio da questo compito: crescere Salvatore o in qualunque altro nome lo vorremo chiamare.
Cercherò di starle accanto, per quanto posso, finché posso. Già, sono molto più anziano della mia consorte e non so quanto ancora il mio spirito e il mio corpo reggeranno. Spero comunque di poter dare a nostro figlio un’educazione come si deve, ma anche un mestiere, che con le chiacchiere o la filosofia poco si campa, soprattutto se sei figlio di un artigiano.
Rammento che Maria mi ha detto che questo non è proprio figlio nostro, ovvero è figlio suo e di un altro, un certo Spirito Santo che lei giura di non aver mai conosciuto. Faccio finta di crederle per calmarla, ma ho paura che sia un’altra delle sue fantasie. È strana Maria da quando ha saputo del nuovo arrivo, ma siccome le donne nascono per essere madri, quando avrà il bambino tra le braccia tutto questo svanirà di certo.
Per intanto facciamo un po’ di strada giorno per giorno e ci avviciniamo alla nostra meta. Talvolta seguiamo una carovana e talvolta solo le stelle. Ci fermiamo dove capita, a seconda del tempo. Devo avere cura di Maria, nel suo stato, e spesso non è facile trovare ricovero adeguato. Lei poverina si adatterebbe, perché le hanno insegnato a fare così, e sono io poi che mi impietosisco e dico di no o spingo avanti il convoglio. Ci tengo che i due abbiano già ora tutto e solo il meglio che posso offrire.
La nostra meta è ancora lontana, ma confido nelle nostre forze e nella nostra pazienza. Fortunatamente le autorità ci hanno dato tanto tempo per fare quello che chiedono. Certo che un affare così è complicato da organizzare, con tutti gli sconvolgimenti degli ultimi anni. Spero che dopo avranno idee e dati chiari e che riescano a capire cosa fare di noi. Soprattutto spero che non ci impongano nuove tasse o nuovi obblighi. Da queste parti siamo gente tranquilla se non ci tartassano o ci schiavizzano. Qui le comunità sono piccole e ci arrangiamo tra di noi. Il sovrappiù poi ce lo scambiamo con gente di passaggio. Faremmo anche a meno dei governanti, ma loro ci dicono da sempre che sono indispensabili altrimenti  litigheremmo a dismisura. Anche se non è vero, ce li teniamo e contiamo che non facciano troppo i cattivi con noi.
Avrei sognato di una vita tranquilla da qualche parte, magari in una casetta modesta con vista sul mare e un piccolo orticello, dove coltivare il necessario. Non ne ho ancora parlato con Maria. Lei preferirebbe una casa in città, magari nelle vicinanze di qualche parente. Chissà se il destino ce ne darà occasione.
Per ora mi sdraio qui, su questo pagliericcio. Ho bisogno di riposare un poco accanto i miei affetti e i miei pochi averi. Domani dobbiamo proseguire cercando di avvicinarci il più possibile alla meta. Prima di addormentarmi immagino per qualche istante il quadretto che componiamo: c’è un padre, una madre con un figlio in arrivo e un’animale, loro unico servo e compagno. Poche cose, che sono spesso la mia fortuna.
Ho tanti pensieri e preoccupazioni in testa. Quando arriverà il bambino, però, sarà Festa, anche se solo per noi.

 Ciò che ne è seguito, è de-scritto da un’altra parte.
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Questo brano è stato pubblicato sulla raccolta antologica "PAGINE DI EMOZIONI" del Gruppo di Scritura del Piacentino -Padova a cura del Gruppo DaDa (Autoproduzione non in commercio)

sabato 15 dicembre 2012

LUCE

A Natale, proprio nel periodo più buio dell’anno, le città si riempiono di luminarie festose. Non solo i bambini ne godono l’effetto, ma pure gli adulti sentono arrivarne gioia e calore.
Non per Giorgio, cieco dalla nascita e quindi incapace, a detta degli esperti, di avere anche solo un’idea della luce. Lui è per questo sempre triste, anche a Natale, anche se gli mettono in mano il più bel regalo che si trovi in commercio. A lui quelli non interessano, perché vuole ciò che nel suo caso sarà difficile avere.
I medici hanno decretato che anche un trapianto di cornea avrebbe esito incerto, poiché la sua malattia ha colpito il nervo ottico. Forse la tecnologia potrà un giorno provare a portare un qualche sollievo. Forse, un giorno.
Così Giorgio si è abituato, si è arreso alla sua condizione, cercando nel suo piccolo di non creare problemi, di arrangiarsi nelle piccole cose il più possibile per non essere di peso.
Questo Natale però è più triste di tutti gli altri: da poco il suo cane da guida, ormai vecchio, se ne è andato per sempre. Gli era molto affezionato perché era stato il primo a stargli accanto e a servirlo con vero affetto. Grande il suo dolore per l’inevitabile fine di quel rapporto.
Stava cercando un modo per poter andare avanti, mantenere le sue abitudini, rimanere indipendente, ma c’erano comunque azioni o cose per le quali un aiuto valido è indispensabile.
Era caduto così in depressione che gli amici, quei pochi che si era fatto per la vita trascorsa per la maggior parte in solitudine e dentro casa, temevano potesse giungere a gesti estremi.
Un sabato, dopo aver passato la mattinata nel tentativo di contrastare da solo quella misera condizione prendendosi cura di sé, decise di uscire a fare due passi.
L’aria era gelida e il cielo plumbeo per l’imminente nevicata. La gente passava veloce carica di borse piene di regali e cibo per la festa. Giorgio camminava però come non esistesse nulla attorno a sé. Pur conoscendo a memoria le vie e i vicoli attorno casa sua avanzava stranamente con andatura incerta.
Svoltato sulla via principale, dove un negozio segue l’altro e dove la luce in quel periodo è sempre più forte, sentì qualcosa che lo aveva sfiorato. Ne seguì un timido uggiolio che echeggiava quasi ad attendere risposta. Tese l’orecchio per individuarne la provenienza.
“Di sicuro un cucciolo o qualche bestiola allacciata a un palo, mentre il padrone o la padrona fanno comodamente shopping” pensò.
Passò oltre, ma poco dopo quella cosa gli toccò di nuovo i pantaloni. All’incrocio quella presenza si fermò, di fianco a lui. L’incedere dei due procedeva in parallelo sempre più spedito. La bestiola di tanto in tanto ruotava il musetto in direzione dell’umano al quale aveva affidato le sue sorti, forse per capire o meglio carpirne le intenzioni.
Giorgio, sebbene non si accorgesse di quei movimenti, cominciava a percepire una sorta di compagnia e si fermò, oltre che per la stanchezza, per conoscerlo un poco. Si abbassò per tastare l’animale e dedurne la razza, per scoprire se avesse un collare o qualche altro segno di riconoscimento.
No, non si trattava di una bestiola abbandonata o persa, ma di una sorta di dono, di un’incontro del destino che chissà chi aveva voluto offrirgli.
Quell’essere non si ritrasse e anzi apprezzò molto le carezze di Giorgio, strusciando lui stesso contro la sua mano e annusandone il palmo.
Quando lui gli offrì la mano, quello vi pose delicatamente prima la zampa e poi il muso, in segno di appartenenza e di obbedienza.
Giorgio in quell’attimo si sentì pervaso da un calore strano, da una sensazione mai provata prima. Viveva da sempre nel buio, ma ora tutto gli sembrava colorato, anche se informe: una sfumatura di rosa frammista a giallo e rosso e blu e tanti altri.
Non senza difficoltà prese in braccio quella creatura e se la strinse a sé. Ne ricevette qualche leccata sulla guancia e una spolverata della giacca con la coda.
Rimessolo a terra ripresero il cammino, l’uno acanto all’altro, senza bisogno di guinzagli o cordicine.
Da quel giorno condivisero spazio, tempo, cibo, abitudini. La vita per Giorgio non fu più triste, ma colorata, dentro e fuori.
Il cane fu battezzato Luce e nessuno ne rivendicò mai la proprietà.
Da dove arrivasse rimane un mistero, ma che abbia cambiato per sempre una vita è ancora sotto gli occhi di tutti.

domenica 9 dicembre 2012

Dono disatteso

Andare per lo meno una volta a Messa è d’obbligo a Natale o almeno lo dovrebbe essere. In questo periodo gli animi cercano la compagnia, la solidarietà, la vicinanza del prossimo e la chiesa ne offre possibilità migliori e maggiori di qualsiasi altro luogo.
L’atmosfera è calda e lo spirito si eleva tra l’incenso e l’eco del coro. Melodie quasi soffuse si dilatano tra le arcate maestose o nelle piccole cappelle dove devoti si inginocchiano a chiedere grazia con una preghiera  silenziosa.
Anche Aldo era entrato con l’intento di raccogliersi davanti all’altare o vicino al Presepe in allestimento. Aveva bisogno di calma e di uscire dal trambusto del centro per riflettere su se stesso, sulla vita in generale. Si era seduto nei primi banchi, quelli che fin da piccolo aveva creduto riservati ai parenti nelle cerimonie importanti, alle suore alla domenica, alle autorità nelle feste nazionali. Lo aveva fatto apposta per capire cosa si provasse o cosa si vedesse di così speciale da quella postazione.
Stava lì come in attesa, guardandosi attorno di tanto in tanto. La gente arrivava mezza contrita, se non dal freddo sicuramente da qualche pensiero cupo e pesante. Tutti cercavano qualcosa: la vicinanza a Dio, a colui che tutto può, ma che poi, non si sa come, spesso non interviene. Facce senza speranza e troppo dolore giunti  forse già all’ultima spiaggia.
Anche Aldo era preso dai suoi pensieri ai quali cercava risposte.
Le navate si ergevano maestose sopra di lui, l’arco ad ogiva rendeva la profondità di un cielo irraggiungibile.  Aldo si sentì perso, solo, ma gli era chiaro che gli mancava qualcosa.
Le file di banchi erano ormai tutte piene di fedeli, la funzione sul punto di iniziare. Aldo si guardò di nuovo attorno, spaesato. Si sfregava le mani intirizzite, batteva leggermente i tacchi sul pavimento infastidendo le pie donne sedute accanto a lui con il rosario in mano.  Era entrato per cercare se stesso o il vero spirito del Natale, con tanto di cori soffusi e strette di mano per gli auguri. Cosa ci faceva lì in mezzo a gente che neppure gli degnava uno sguardo?
Si alzò e andò verso il Presepe. Le statuine c’erano già tutte, disposte come in bella mostra in un paesaggio improbabile, artefatto. Eppure avevano tutte un’espressione gioiosa e il viso rivolto verso quel pagliericcio, una specie di culla. Mancava il bambinello, per tradizione deposto solo in occasione della messa di mezzanotte del 24, ma quell’assenza per Aldo era più che simbolica. Era la sua mancanza di ideali, di speranza, di coraggio, di forza, ma anche quella di una fede, di un credo nelle proprie o altrui capacità di sollevarsi, di creare un futuro migliore.
Quel vuoto non sarebbe stato facile da colmare, nemmeno se fosse tornato a Natale stesso o a Santo Stefano davanti a quella rappresentazione. Il solo fatto di aver riconosciuto ciò di cui aveva bisogno gli doveva bastare per indicargli la via da percorrere.
Uscì di corsa, verso la folla noncurante di tanto dolore e indifferente ai bisogni altrui. Si perse tra le vie illuminate da frivoli simboli della festa.

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Caro visitatore,
se veramente apprezzi questo mio racconto, lascia un commento con le tue motivazioni.
Grazie.
Silvia Licetti

sabato 8 dicembre 2012

Abete e Pino


Come da tradizione ogni anno a casa di Cinzia si acquista un abete per Natale. È sempre una gioia radunarsi la prima domenica di Avvento per addobbarlo e bere un tè o la cioccolata con i pasticcini tirolesi. Sulla tavola arde sempre per l’occasione una bella candela profumata, ornata di odorosi mandarini,  grosse castagne e qualche stecca di vaniglia.
Cinzia adora questi piccoli riti perché le fanno ricordare il mistero, l’attesa, ma anche i profumi e gli aromi, le pratiche e i giochi della sua infanzia.
Così si aggira per i vivai in cerca della pianta perfetta. Quelle in bella mostra sembrano tutte un po’ stanche, denutrite. Forse le hanno tolte dal terreno troppo in fretta e ammassate per molto tempo in cerca di padrone. Poi quel piccolo mucchietto di terra che lasciano alle radici per sopravvivere non è mai sufficiente, per non dire delle scarse cure. Il Disinteresse è una scusa in questo periodo molto indaffarato per tutti. Ecco perché alla Befana non si può far altro che  buttarle.
Cinzia non ha tempo per andare in montagna, dove costano di più, ma sono quasi sempre recuperabili, ripiantabili. La sua amica ha avuto sempre fortuna in quel modo e l’anno scorso in giardino aveva l’albero più bello e più alto di tutti in rione. La sua amica ce l’ha un giardino, esposto anche nella direzione giusta. Lei invece solo un stretto balcone.
Girovagando per le piazze della città trova un banchetto, un gazebo. È la Forestale che mette a disposizione dei piccoli pini completi di vaso a poco prezzo. Non sono male e il ricavato va per un progetto di riqualificazione di un parco di periferia. Cinzia li osserva e si confronta con la sua vergogna per la tentazione avuta spesso di comperare un abete artificiale.
L’addetto dall’aspetto ben piantato le sorride, la invita a guardare meglio gli esemplari in esposizione. Il dialogo è ristretto alle abitudini del periodo, al tempo, ma Cinzia sente che il ragazzo si sta interessando a lei. Vorrebbe andarsene, continuare il suo giro per le compere, ma si sofferma a parlare. Lui dice di chiamarsi Giuseppe, ma da tutti soprannominato Pino. Non è per quello però che è entrato nel corpo della forestale: lui ha veramente sempre avuto sensibilità ecologista e mette la sua mente e la sua prestanza fisica al servizio di quegli ideali.
Cinzia ne è affascinata. Il clima natalizio le fa da contorno. Ha deciso: quest’anno il regalo per tutti sarà l’abete ecologista e a recapitarlo sarà proprio … Pino. 

domenica 2 dicembre 2012

Piacere di averti rivisto

Sara camminava sotto i portici quasi senza più meta trascinando i sacchetti ricolmi di regali. Si fermava a guardare i negozi e tutto le faceva gola. Desiderava almeno una volta ricevere lei tanti doni quanti ne avesse fatti in vita sua. Immersa nei suoi pensieri d’un tratto venne sorpresa da una visione: riflesso nello specchio della vetrina c’era lui, Thomas, bello come quando se lo ricordava. Bello e impossibile, impassibile come sempre nella sua sicurezza di creatura angelica.
Lo aveva conosciuto al mare in un estate molto assolata e calda e aveva passato con lui ore stupende a parlare, a cantare e suonare la chitarra. Tutti quei ricordi la assalirono piacevolmente mentre lui era lì, a pochi passi, fermo al semaforo per i pedoni, pronto a scappar via, di nuovo. Sara non lo vedeva da cinque anni, cosa che a venti sembra una distanza incolmabile. Lo aveva perso di vista ovvero lei aveva perso il suo indirizzo e lui non si era degnato né di scriverle né di telefonarle. La loro era stata una storia breve e intensa ed era svanita tra le dita di lei che non aveva conservato neppure una foto.
A vederlo le era parso però di riprendere d’un sol fiato tutte le immagini, le parole, i suoni e gli odori di quel tempo, di tornare al giorno in cui l’aveva atteso invano per salutarlo un ultima volta. Si guardò dentro Sara per capire quale effetto le facesse tutto questo. Quei cinque anni erano trascorsi a cercare da sola una via nella vita, a capire cosa effettivamente volesse per e da se stessa. Ora le sembrava di essere più salda e serena e non più la ragazzina di quell’estate.
Lui  invece era assieme ad altre persone, forse amici o parenti e sembrava non aver ancora realizzato la presenza di Sara. Era lì in attesa di passare dall’altra parte del corso e continuare la propria vita, nella sua solita sicurezza di uomo teutonico dai capelli biondi e occhi azzurri.
Non ci avrebbe messo molto Sara a chiamarlo, a fermarlo magari solo per salutarlo o chiedergli come stava, ma qualcosa dentro le diceva di non farlo, di non muovere né piede né gola. Non capiva cosa fosse e allora se ne restò lì a guardarlo attraversare assieme a tanta altra gente. Non un sorriso, non uno sguardo indietro.
I sacchetti cominciarono a farsi sentire con il loro peso così Sara riprese la sua passeggiata in centro. Quella sera stessa avrebbe incrociato visi più sinceri.

sabato 1 dicembre 2012

24 giorni - 24 ore

Ecco il primo brano del mio Callendario dell'Avento:


24 GIORNI – 24 ORE
Mio Dio, mancano solo 24 giorni a Natale! Ogni anno è così: mi accorgo che stanno arrivando le feste  e quelle “domani” sono lì, puntuali, ordinate.
Io no, non sono come loro e mi lascio sempre sorprendere, chiaramente mai in senso positivo: da quel punto tutto mi sembra una corsa, contro il tempo e le cattive abitudini, le scelte obbligate e le tradizioni acquisite.
Da bambina mi sembrava il periodo più bello dell’anno: preparare la lista dei regali, dei desideri, dei capricci per consegnarla ad un ipotetico destinatario, mai visto né conosciuto, che avrebbe il compito di scegliere, tenendo ben conto delle preferenze, sempre molte, anzi troppe, le più svariate e incompatibili.
Poi con il tempo e le delusioni, i desideri e le voglie sono diminuite lasciando spazio allo scetticismo e anche ad un po’ di antropofobia. Le vie si illuminano mentre il mio corpo e la mia mente chiedono sempre meno luce.
Non c’è gioia, non c’è speranza: solo la consapevolezza che tra un mese tutto questo sarà  solo un ricordo.
Guardo le vetrine riempite di tentazioni e la tristezza mi assale. Mi guardo attorno e vedo gente indaffarata nei propri indumenti, intenta solo a non raffreddarsi. Si stringono nei loro cappotti o nelle giacche a vento, con grandi sciarpe davanti le labbra che lasciano scie veloci.
I giorni si susseguono, uguali e perfetti nella loro successione ritmata da qualche musica pseudo-celestiale.
La sera cala sempre più presto e rientrando a casa ci si chiede: cosa arriverà a Natale?
Io non lo so e non lo voglio nemmeno sapere: il destino o il caso o solo il pensiero di un amico. Dovrebbero bastarmi per superare questi rimanenti 24 giorni. Nel frattempo uno è già passato.

venerdì 30 novembre 2012

CALLENDARIO DELL'AVENTO

Ho deciso: quest'anno mi faccio un regalo per il periodo dell'Avvento. Anzi lo faccio a tutti i miei fan, amici, parenti o semplicemente a chi voglia leggere qualcosa di carino in queste grigie giornate dicembrine.
Nei paesi nordici, ma in particolar modo in Germania e Austria, si usa regalare in questo periodo un calendario dell'Avento dove ad ogni giorno di dicembre, dal 1 a Natale, corrisponde una casella, un pacchettino, un regalo.
Le mie intenzioni erano più che buone, ma purtroppo non ho raccolto 24 raccontini brevi da esporre in questa vetrina e così devo restringere il campo ai fine settimana.
Da domani quindi e fino alla festa cristiana per eccellenza avrete occasione di allietare (spero) amici e parenti con qualche riga ogni venerdì, sabato e domenica.

Fatene buon uso, anche in Famiglia.

Buona lettura.

P.S. Scusate la casuale non osservanza dei tempi di post, dovuta a miei impegni e mancanza di materiale per assednza di ispirazione.
Grazie comunque per la vostra visita.

Aggiornamento del 13.01.2013
Le feste le ha portate via la befana, ma qui sono rimasti tutti i racconti dei quali due in particolare sono piaciuti (Dono Disatteso e Piacere di averti rivisto). Per questione di spazio ho deciso comunque di togliere tutti quelli che non hanno avuto troppo successo per contnuare con composizioni multitematiche.
Anche per il 2013 BUONA LETTURA.

lunedì 19 novembre 2012

YSSY Licetti

        .YSSY.Licetti.   
 Questo mio BLOG nasce dall’esigenza di creare una vetrina per i miei scritti sia di narrativa che di poesia e di filosofia, la quale vuol essere solo espressione del pensiero sull’Arte e su tanti eventi quotidiani o eccezionali raccontati da altre fonti o accaduti sotto i miei occhi.
È proprio  qui che voglio  rendere pubblico ciò che mi tocca le corde dell’ispirazione a 360 gradi.
Troverete anche la mia storia, nascosta tra le righe, sia quella personale che quella di autrice. Infatti voglio mostrare anche i pezzi più antichi della mia collezione, quelli che ancora oggi rappresentano non certo il meglio di me, ma gli inizi e il nocciolo della mia visione del mondo.
Tutto questo vi potrà piacere o meno, o potrà anche non interessarvi affatto, ma sono certa che sarà una lettura piacevole.
Se poi anche voi coltivate le mie stesse passioni, non sarà difficile che mi incontriate da qualche altra parte.
Grazie della vostra visita.

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Aggiornamento del 13/01/2013

Veramente grazie delle ostre visite e tornate numerosi, anzi più unmerosi a leggere le mie ultime composizioni.