Dietro
quella porta c’è qualcosa ma il sapere cosa sia mi spaventa a tal punto da non
lasciarmi dormire. Forse una punizione, forse un disagio, forse anche solo un
colpo di vento percepito da dentro il grembo materno, ma lì per me c’è qualcosa
che non va ovvero che va lasciato lì e basta. Anche
passare accanto quella porta mi infastidisce, tanto che prendo la rincorsa per
varcare quella accanto in uno stupido gioco infantile dove io sono il mio unico
rivale. Dietro
quel vetro posto a separare la verità dal sogno, la realtà dall’illusione vedo
ombre e sento voci. Catalogarle non le so e nemmeno associarle a un viso.
Eppure sono lì per me sempre in agguato, sempre pronte a venirmi a trovare, nei
sogni, nel buio.Passo
le notti a guardarmi da loro: le sento avvicinarsi e mordo le lenzuola. Poi mi
alzo e le scaccio con qualcos’altro: pensieri, letture, musica. Questo sembra
spaventare quelle presenze ignote che non so capire. Poi
cosa ci sarebbe da capire: che sono ignote e fintanto che non si disvelano non
le conoscerò e quindi nemmeno sarò in grado di affrontarle. Arma unica di
difesa il non attacco dunque? L’attesa inerme del loro passaggio? Eppure
ne ho timore. Ma non mi fregheranno. No loro non avranno la meglio su di me. Io
mi conosco e sento quando arrivano, quando è l’ora. Sono pronto: che entrino. Forse
dovrei essere io invece ad entrare in quella stanza e farla finita una volta
per tutte. Cosa dovrei poi trovarci se non un tavolo, una sedia, una finestra,
una libreria e un armadio? Dei quadri di nudo? Delle sculture metafisiche? Dei
CD new age e tutto l’occorrente sado-maso? Dov’è il letto o il divano, il
tappeto orientale e il poster di Kandinski; dove sono i classici e le
collezioni di Harmony, i gialli della Christie accanto ai DVD di Aldo Giovanni
e Giacomo; dove hanno nascosto la play station? E le costruzioni LEGO
gelosamente conservate oltre la mia adolescenza?
Questa
è la mia ansia: non avere più alternative. In effetti una ce ne sarebbe: farmi prendere
dai ricordi o accettare la mia condizione.
Racconto ispirato da AMERICO e i suoi incubi
notturni, talvolta ancora presenti.
Mi hanno detto che questa è una SCRITTURA TEATRALE ovvero le parole portano il lettore sulla scena. Voi che ne pensate? (S.L.)