martedì 21 aprile 2015

LA STANZA


Dietro quella porta c’è qualcosa ma il sapere cosa sia mi spaventa a tal punto da non lasciarmi dormire. Forse una punizione, forse un disagio, forse anche solo un colpo di vento percepito da dentro il grembo materno, ma lì per me c’è qualcosa che non va ovvero che va lasciato lì e basta. Anche passare accanto quella porta mi infastidisce, tanto che prendo la rincorsa per varcare quella accanto in uno stupido gioco infantile dove io sono il mio unico rivale. Dietro quel vetro posto a separare la verità dal sogno, la realtà dall’illusione vedo ombre e sento voci. Catalogarle non le so e nemmeno associarle a un viso. Eppure sono lì per me sempre in agguato, sempre pronte a venirmi a trovare, nei sogni, nel buio.Passo le notti a guardarmi da loro: le sento avvicinarsi e mordo le lenzuola. Poi mi alzo e le scaccio con qualcos’altro: pensieri, letture, musica. Questo sembra spaventare quelle presenze ignote che non so capire. Poi cosa ci sarebbe da capire: che sono ignote e fintanto che non si disvelano non le conoscerò e quindi nemmeno sarò in grado di affrontarle. Arma unica di difesa il non attacco dunque? L’attesa inerme del loro passaggio? Eppure ne ho timore. Ma non mi fregheranno. No loro non avranno la meglio su di me. Io mi conosco e sento quando arrivano, quando è l’ora. Sono pronto: che entrino. Forse dovrei essere io invece ad entrare in quella stanza e farla finita una volta per tutte. Cosa dovrei poi trovarci se non un tavolo, una sedia, una finestra, una libreria e un armadio? Dei quadri di nudo? Delle sculture metafisiche? Dei CD new age e tutto l’occorrente sado-maso? Dov’è il letto o il divano, il tappeto orientale e il poster di Kandinski; dove sono i classici e le collezioni di Harmony, i gialli della Christie accanto ai DVD di Aldo Giovanni e Giacomo; dove hanno nascosto la play station? E le costruzioni LEGO gelosamente conservate oltre la mia adolescenza?

Questa è la mia ansia: non avere più alternative. In effetti una ce ne sarebbe: farmi prendere dai ricordi o accettare la mia condizione.

 
  Ciclo Emozioni: LA PAURA

Racconto ispirato da AMERICO e i suoi incubi notturni, talvolta ancora presenti.
 
Mi hanno detto che questa è una SCRITTURA TEATRALE ovvero le parole portano il lettore sulla scena. Voi che ne pensate? (S.L.)

 

giovedì 9 aprile 2015

LES INDIFFERENTS 3.

Camminare per la strada e pensare ai fatti propri sembra la strategia migliore per essere felici in quest'epoca distrutta da crisi e guerre di potere.
Persino nell'alto Nord-Europa non si curano di grida e richieste d'aiuto, anche se inscenate.
Camminiamo così alla ricerca di noi stessi, di quel calore umano e quella solidarietà che ancora solo i nostri genitori hanno vissuto, nelle tragedie e nelle ristrettezze con sogni negli occhi e nella mente, con forse più libertà e ideali dei nostri figli.
Noi piangiamo il passato avendo percepito il cambiamento. Siamo tristi e non capiamo. Siamo arrabbiati con noi stessi e con il mondo per averlo permesso e costruito. Camminiamo in mezzo a tutta questa sporcizia che invade anche il nostro privato.
A testa china sopportiamo gli abusi delegando forse proprio i nostri aguzzini.
Non il riso ma nemmeno il sorriso spunta sulle labbra degli stolti a cui nessuno più rivolge la parola.
Camminiamo soli per la vita in cerca dell'anima gemella, ma chiediamo che sia essa a consolarci in questa valle di lacrime.
Continuiamo a camminare insensibili ai nostri calli o alle scarpe strette.... e senza sogni nella mente.

mercoledì 1 aprile 2015

DA PARTE VOSTRA

Grazie, mi fa piacere che anche se solo per curiosità voi diate un'occhiata al mio sito. Esplosione di visite ieri che mi incoraggiano per il futuro, ma mi fanno anche pensare del vostro giudizio.
Quello che scrivo io è diverso dallo stile che adotto per il quattro mani con Danilo Simoni, anche se con lui l'affinità è molto elettiva.
Quello di cui scrivo deriva dal mio vissuto e viene trasposto spesso in toni pastello, pacati come il mio carattere che diventa aggressivo solo se mi pestano pesantemente e ripetutamente i piedi.
Quello che amo della scrittura è il suo potere evocante e un po' consolatorio per quello che è stato o avrebbe potuto essere.
Scrivo perché mi piace, non per colmare un vuoto; scrivo perché ho sempre trovato immenso piacere nell'ascoltare le storie o a leggerle. Scrivo per condividere questo piacere e mi piace che qualcuno in cuor suo lo apprezzi.
Grazie