martedì 12 marzo 2013

LUCI, DARIO.

Prova generale aperta al pubblico e primissima spettacolare attesa da tanto tempo. Gli attori fremono nei loro camerini tra trucco e parrucco, le sartine intente all’ultima stressante prova costume.
La prima donna si concentra sugli esercizi vocali come una soprano della Scala.Il regista passeggia su e giù  dal proscenio ripassando le sequenze, le mani dietro la schiena, tra attrezzisti e fonici.
La stampa oggi deve attendere fuori e il servizio d’ordine fatica a contenere la folla.
Solo lui, Dario, tecnico delle luci, se ne sta tranquillo alla sua postazione già da ore fumando di tanto in tanto una nazionale senza filtro. Conosce a memoria la sua parte, il suo mestiere come a menadito tutto il teatro. I controlli eseguiti e ripetuti più volte. Rischio errore pari a zero.
Tutto è pronto, predisposto, progettato, concordato. Eppure questa sera c’è qualcosa nell’aria, ma nessuno sa dire cosa sia.
La compagnia si raduna al centro del palco per il rito scaramantico. Ci si guarda reciprocamente negli occhi, fiduciosi, speranzosi, ma al contempo anche sospettosi, guardinghi.
Il direttore annuncia che la sala è piena e si può cominciare. Tre colpi di campana, lenti, equidistanti, secchi, invitano a fare silenzio. Le luci in sala vengono spente. La solennità del momento rimane come in sospeso.
Il sipario sale lentamente con lieve fruscio di corde.
Dario è in postazione. La scena si apre in penombra. La consolle risponde lanciando un fascio di faretti dall’alto che si fissano ognuno su un personaggio, lo illumina finché parla e poi si spegne.
Entra Sigfrido. Dario porta in avanti un pulsante per lo spot che lo segue. Botta e risposta con Carlotta. Le luci si alternano alle parole. Scarto minimo dovuto al flusso di corrente., pari all’eco, che fortunatamente è impercettibile.
Gli spot colorati: il blu viene intensificato, il rosso spostato a destra e il giallo ridotto.
Ora bisogna seguire i passi di Rosetta, ma piano, con discrezione.
Effetto campana bianca. No, non sul pubblico! Si distraggono!
Ora da sinistra. Il reflex passa sul fondale, vengono inserite le stelline e tirata giù la strobo.
Il ritmo della luce è più veloce delle battute. Bisogna rallentare altrimenti qualcuna viene saltata o dimenticata e il filo si perde, si rompe.
Questa sera serve a capire le reazioni del pubblico di domani e c’è bisogno di più impegno. Dai, che abbiamo passato momenti peggiori e tu hai sempre risolto ogni problema!
Dario, Dario? Dove sei? Cosa succede? Non fare scherzi proprio adesso! Te l’hanno appena detto che è importante. Nessun’altro sa come far funzionare quel coso! Dai, Dario.
B   U   M
Buio e silenzio. Stranamente nessuno si muove o grida. Tratteniamo tutti il fiato. Il regista chiama Dario al cellulare che gridare sarebbe da maleducati.
Una lucina blu si accende in un angolino del soffitto, nascosto tra impalcature, funi, spot e riflettori. C’è il vibracall che rimbalza  su tutta la struttura.
Il buio permane, ma dal di fuori nessuno lo nota. Strano: nessun reclamo e non si vede nemmeno un  accendino. Maledetti divieti e moda del NO SMOKING.
In scena sono tutti impietriti. Anche il ritorno audio si è spento. Black out?
Sembra che l’intera sala si sia trasformata in quel mondo a sé che tanti immaginano, descritto in tomi e volumi.
Pubblico e attori dipendono ora da una sola persona che non è il regista o almeno non è la persona che fa il regista.
Il tempo scorre nelle vene dei presenti senza dare mostra di sé. L’attesa, prima snervante per la curiosità, ora è timore del futuro. Il senso di orientamento ha perso i suoi punti cardinali.
Ah, se solo quella lucina blu si espandesse e indicasse almeno un punto d’incontro!
Dario non risponde.
DOVE SONO LE CANDELE? – sbraita il regista dal sottopalco con attrezzisti e scenografi impazziti – QUALCUNO VADA A VEDERE COSA È SUCCESSO. ANZI NO, SI VADA AI CONTATORI E SUBITO PER DIO.
Concitazione ma nessuno ha il coraggio di eseguire gli ordini
ALLORA, SIAMO MICA INCOLLATI AL PAVIMENTO? La voce urlante sembra provenire direttamente dagli inferi.
L’incertezza serpeggia voluttuosa come un fiume in piena. Né Dario né la luce manifestano la loro presenza e il mondo esterno sembra non notare quel buco, quell’assenza improvvisa.
Rosetta trema e non per il freddo che avanza. Nessuno la vede. La primadonna ha perso la voce, ma le parole rimastele in gola non hanno né senso né utilità. Sigfrido non è più spavaldo e si rifugia dietro il cordone del sipario.
La situazione è in stallo di looping. Tutti pregano e imprecano contempora-neamente. Non c’è Dio né religione che tenga. Ormai quel che è fatto è fatto, ma forse la causa non siamo noi.
Eppure destino e imprevisto non avevano ricevuto invito. Escluso categoricamente era anche l’errore. Dati tecnici ed esperienza erano necessaria garanzia assoluta. Niente sondaggi per le troppe variabili di improbabilità.
Nell’aria si sentiva qualcosa, ma nessuno l’ha voluto prendere sul serio. Punti deboli nel sistema non ne esistevano e le paratie erano chiuse da tempo.
ALLORA             PERCHÉ?

Siamo qui fermi e inermi in balia di questo buio sconosciuto dal quale vogliamo uscire e lo vogliamo perché non ne capiamo la causa, non ne vediamo la fine né la vogliamo aspettare.
Nessuno si muove e lo spettacolo NON va avanti. Il copione è scritto, nero su bianco: basterebbe seguirlo. O è solo uno spettacolo al buio, forza bruta dell’immaginazione? I ruoli e le parti sono ancora valide o possiamo permetterci varianti? Gli attori potranno ribellarsi? E il regista avrà ancora voce in capitolo? Potrà ancora muovere i fili? Si capirà quando ridere o quando applaudire? Ci basterà il tono della voce?
Dario è l’unico in grado di sbrogliare la matassa, ma di lui non c’è traccia.  Il suo cellulare, a forza di squillare, ha esaurito la batteria. Il puntino blu non si attiva.
Molti ormai hanno il cuore in gola, ma preferiscono tenere l’orecchio teso.
Nel silenzio cupo il sipario cala.
Si riaccendono le luci in sala come per miracolo lasciando trasparire solo grossi sbadigli tra il pubblico. Qualcuno sospira, mentre altri già si avviano all’uscita. Stasera niente applausi.
Prima che si aprano anche le uscite di sicurezza, Dario si sfoga da un altoparlante:
LO SPETTACOLO  È TERMINATO. CI AUGURIAMO VI SIA PIACIUTO .

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.