venerdì 1 marzo 2013

PRIMA DI DARMI ALL'IPPICA

Oggi è il mio ultimo giorno di lavoro. Mi fermo davanti all’ippodromo ovvero quel che resta di quel divertimento che gli animalisti hanno stroncato con la scusa di trattamenti violenti contro le povere bestiole. Modi disumani e violenti? Stavano di certo meglio di tante povere creature costrette all’epoca di mio nonno  per esempio a tirare carri o aratri pesantissimi per ore e ore senza avere né cure mediche né, spesso,  riparo adeguato.
Mi guardo intorno e mi tornano alla mente tanti ricordi. Qui ci venivo con mio padre la domenica quando ero alle elementari: era una gioia per me e un cruccio per mia madre. Ci venivamo per tentare la fortuna, dato che il destino non ce ne riservava molta. Di tentativo in tentativo i pochi risparmi se ne andavano senza freni.  Sempre meglio che metterli in banca, diceva mio padre,  con la speranza che un giorno o l’altro avrebbe fatto il colpaccio, in qualche modo.
È così che sono diventato broker finanziario: avevo l’istinto del rischio nel sangue, dissero quelli che mi assunsero appena laureato.  Loro però non seppero mai che avevo invece fatto i salti mortali durante gli studi per non pesare sulle spalle di mia madre, china a pulire uffici e case signorili per darmi un futuro. 
Se ne è andata dieci anni fa, ma è rimasta fino all’ultimo china a cucire, a lavare e pulire per gli altri per qualche soldo e nessun ringraziamento. Quell’immagine di estrema sofferenza mi ha sostenuto in momenti negativi e mi ha riportato a terra dopo vittorie inaspettate.
Adesso sono qui, davanti a questo cancello chiuso, in procinto di chiuderne io stesso uno molto più pesante. Stasera dovrò consegnare la macchina. Appartiene alla ditta, in leasing e il suo riscatto a titolo personale mi costerebbe tutti i fondi accantonati con fatica e straordinari. Domani mi recherò all’ufficio collocamento con i mezzi pubblici e penserò a mio nonno;  una vita spesa a cavallo, unico mezzo di  trasporto tra un appezzamento e l’altro, fedele amico di tante avventure.  E lui lo poteva cavalcare solo in virtù del suo ruolo da mezzadro.  Io invece  non ci sono affezionato per nulla alla mia macchina: è solo una quattro ruote di lusso, per abbagliare i clienti. Inoltre costa troppo anche a mantenerla.
Domani cosa mi aspetta: il vuoto, il nulla, l’inutilità di studi e di esperienza.  Se ci penso, mio padre si è ammazzato per il suo lavoro, regalandoci pure due soldi di pensione. Altri tempi. Il lavoro anche se duro per lui ha pagato. Io invece me ne andavo porta a porta in giacca e cravatta, ma che ne ricavo?
Cosa mi resta: la baita del nonno con quei pochi  metri quadri di terreno. La usavo come casa delle vacanze e ora dovrò farne residenza. È tutto arredato e un periodo di riflessione nella natura non mi farebbe male. Al diavolo il mutuo e il loft in centro. Trovo subito una famiglia che mi paga l’affitto, una di quelle che sul contratto ci scrivi un nome e poi ci vanno a dormire in dieci. Non importa se poi creano problemi, basta che paghino regolarmente.
Deciso, mi ci trasferisco da domani, tanto posso seguire le quotazioni dal mio smartphone in WIFI e mantenere per lo meno il capitale. No, un momento: anche quello è del mio quasi ex datore di lavoro e da domani il mio portafoglio andrà in mano a qualche pivellino rampante a caccia di superbonus che oltre me sostituirà per lo meno altri due.
Comunque in fin dei conti ho poche cose da trasportare, giusto quelle personali. Mi basta affittare un camioncino o chiedere aiuto per il prossimo week end. Addio città, comodità e bella vita!
Mi improvviserò agricoltore cominciando a mettere a posto l’orticello: ci sono serbacce, arbusti non fruttiferi, sassi. La fatica non mi spaventa e poi non ho frequentato sempre la palestra anche per i muscoli? Gli attrezzi sono quelli di mio nonno, ma posso sempre contare sui consigli dei vicini, residenti ormai da anni.
E poi chissà: l’attività potrebbe allargarsi ad un agriturismo con vendita del superfluo o potrei organizzare in paese una cooperativa. Da quelle parti non ci sono molte alternative  e tanti tornano al paese dopo che le fabbriche a valle chiudono una dopo l’altra. Darei una mano al territorio, come si dice.
Sarà un’avventura per me, quello che per i miei avi era cosa naturale. Là ho sempre trovato qualche anima buona disposta ad ascoltarmi alla bisogna. Mica come qui in città dove un’amicizia la devi cercare con il lanternino e stare sempre all’erta.
Magari poi allevo anche qualche gallinella o coniglietta, per la carne e le uova ovviamente. Tutto rigorosamente biologico, concimato con vero stallatico. E per completare la filiera, non deve mancare il latte di mucca o di capra che i pascoli e il fieno non mancano.
Vuoi mettere poi anche qualche cavallino per fare delle belle gite o far gareggiare alle fiere. Dovrei solo mettermi di nuovo in contatto con certi amici di mio padre...
Perché aspettare ancora. Chiamo il mio amico Salvatore e gli chiedo se ha ancora possibilità di vendermi quella puledra di cui discutevamo, quella che dovrebbe promettere grandi cose. O potremmo anche iniziare con una coppia, che tanto il posto per tenerli e allenarli ce l’abbiamo gratis! E pensarci prima?
Papà, però, bell’idea mi hai dato.

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