giovedì 24 dicembre 2020

IL BACIO SOSPESO

 

A dicembre è sempre tempo di conclusioni, di tirare le somme sul passato prossimo, quello che ancora tutti sentiamo di più. Fa parte del presente perché la nostra condizione deriva da scelte in base all’esperienza o alla convenienza verso un futuro ancora dipendente da reazioni altrui o dall’andamento della vita stessa.

Con questi e altri pensieri vagavo per le vie della città addobbate a festa senza sentire il minimo calore. Mi stringevo nel mio cappotto come un povero senzatetto in cerca di quel qualcosa che non si può trovare in alcun negozio. Ero in cerca di affetto.

Alla fine dell’estate avevo chiuso una relazione, una di quelle importanti nelle quali ci si crede fin nelle viscere. Era in effetti finita da tempo per la routine, per la mancanza di un progetto, di un senso comune di cura e rispetto delle proprie aspirazioni. Lo avevo scelto io per non aver il coraggio di affrontare altro che l’inverno con le sue cupe e corte giornate. Crisi di mezza età, ma non solo. I miei genitori erano morti l’anno prima a poca distanza l’uno dall’altro e i miei fratelli mi avevano affidato il compito di disfarci dell’eredità. Non che ci fosse granchè da dover sbrigare ma quel peso mi si abbattè sulla coscienza con ancor più gravità. Ancora non mi era chiaro se quanto avevo deciso andasse bene a loro, che continuavano la propria esistenza ripartita tra famiglia e lavoro, senza passioni che accendano gli animi. Mamma e papà si erano amati invece e avevano curato la casa e il piccolo orto personalmente e ne erano sempre andati fieri. Poi non avevano retto all’onda di tante cose non facendo nemmeno a tempo a dettare le loro volontà.

Così, con l’anima contrita di un peccatore incongruente, mi ritrovai davanti la piccola cappella, residuo di una vecchia residenza nobiliare racchiusa tra ampi palazzi dallo stile neoclassico molto in voga in un certo periodo della nostra storia. Mi ci portava il nonno quando ero un ragazzino ed entravamo ogni tanto ad accendere una candela alla raffigurazione della natività, icona forse settecentesca che a lui trasmetteva un certo sentimento. A me piaceva il gesto di poter strofinare il fiammifero e veder sprigionare la piccola fiamma dallo stoppino impregnato di cera.

Entrai e cercai sia il quadro che il piccolo angolo di luminarie. Trovai invece luci soffuse emanate da fiammelle a led, tremolanti ma fredde. Soltanto il fondo della navata era adornato con il Cristo in croce, una scultura lignea di un non noto intagliatore regionale in vena di scimmiottamento artistico. Intorno a me il vuoto che accrebbe il tremore e l’intorpidimento interiore che, colpa anche la temperatura esterna, ormai si era impadronita di tutto il mio corpo.

Stavo per andarmene a cercare per lo meno un baracchino di vin brulè, ricordandomi poi che li avevano chiusi per minimizzare gli assembramenti che avrebbero aumentato il contagio sociale di una certa malattia, quando notai dietro la pesante porta un piccolo tavolo con due cestini. Mi avvicinai. Su di uno c’era scritto DONAZIONI e sull’altro RICHIESTE. Pensai a uno scambio anonimo di qualche servizio reso gratuitamente alla comunità ma vidi anche che al di sotto della superficie del tavolo era posizionata una cassetta per le offerte. Come fossero riusciti a crearne una rotonda o comunque come avessero adattato il frontale al profilo curvo ancora mi è un mistero.

La mia curiosità mi fece affacciare a quella piccola iniziativa strana di cui probabilmente solo alcuni avevano avuto notizia. I due cestini erano pressochè vuoti ma al loro interno erano stati depositati dei contenitori di forma uguale alle capsule medicinali in un materiale che al tatto sembrava sughero. Sotto la superficie del tavolo sul quale erano poggiati i cestini e coperto da una sottile lastra di vetro compariva una sorta di volantino. Devono averlo prodotto con la stampante di casa, pensai, poiché i caratteri erano tipicamente standard – Arial o Times new roman, se non erro – e il toner non copriva bene tutti gli spazi dovuti. Il messaggio però era chiaro: chi voleva poteva lasciare o una piccola somma o un biglietto con il proprio desiderio che poteva venire “raccolto” da coloro che si sentivano in grado di soddisfarlo.  Ne presi uno a caso nel piccolo mucchietto, lo aprii e… Quasi svenni. Non so se fu il caso o il destino ma mi trovavo tra le mani il desiderio della mia ex. Sapete cosa chiedeva? Un bacio. Sì proprio un bacio. Come facevo a sapere chi lo chiedeva? Sul retro aveva segnato il suo numero che io ricordavo a memoria con l’annotazione “sabato 24 dalle 18 alle 20”.

Ci eravamo lasciati per la sua freddezza nei miei confronti, per il suo disinteressamento al mio percorso professionale “danneggiato” dalla mancanza dei miei genitori che tanto mi avevano sostenuto e supportato non soltanto economicamente. Come mai ora lei chiedeva affetto? Si era pentita? Le mancavo?

Lasciai contenitore e contenuto sul piccolo tavolino nella luce fioca dei led freddi, alla mercé di chiunque sarebbe entrato dopo di me. Me ne uscii stravolto e sudato come dopo una corsa con il respiro affannoso.

Non vidi altro che una fitta nebbia che mi avvolgeva intensamente. Non sentivo più il gelo di prima e anzi avrei gettato il cappotto per terra e avrei urlato la mia rabbia mista a disperazione. Tutto mi sembrava inutile in quel momento. Disorientato e in preda a quel vortice di emozioni devo pure essere inciampato in qualcosa trovandomi improvvisamente a terra con le mani sporche di qualcosa di appiccicaticcio e maleodorante.

Trascorsi dei minuti in quel limbo fino a quando qualcuno non venne in mio soccorso e le voci si fecero più chiare. Forti braccia mi sollevarono e un fazzoletto imbevuto di una sostanza alcolica mi venne strofinato alla ricerca di eventuali ferite o escoriazioni. Salutai tutti subito come un ubriaco che si allontana dalla combriccola per scolarsi gli ultimi sorsi nel buio del vicolo preferito.

Rinvenni a casa, sprofondato sul divano accanto alla intensa luce della lampada da lettura. Le mani ancora maleodoranti, i pantaloni umidicci, le scarpe irrimediabilmente strisciate, la mia coscienza riprese le redini del mio cervello. Mi abbandonai alle forme dello schienale chiedendomi se non fosse comunque stato solo uno strano sogno. Non potevo tornare alla cappella, avendo ormai oltrepassato il limite del coprifuoco, ovvero l’orario entro il quale ogni persona doveva rientrare al proprio domicilio.

Quel bigliettino mi era rimasto impresso non soltanto nella mente e anche nei giorni successivi mi ritrovai a ripensare all’accaduto. Sarei stato tentato di dichiarare di nuovo il mio amore per lei? Mi sarei presentato con il mio vero nome o avrei oscurato anche il mio numero di telefono?

Non lo saprò mai. Siamo a Sabato 24 alle ore 20.01. Lei è una "precisina".

venerdì 29 maggio 2020

IL RESTO


Nessuno ha osato chiamarla LA NUOVA PESTE o LA PESTE DI QUESTO MILLENNIO, ma questa pandemia lo è stata davvero. Ora sembra sia tutto passato o per lo meno non si registrano nuovi contagi e gli ospedali hanno ripreso a pieno ritmo la loro normale attività.
Ne usciamo tutti tramortiti dopo lo spavento e la paura. Avevamo lo spettro in casa, quello paventato in molti film o libri. E’ stato reale.
Partito in sordina da lontano si è fatto presente nelle vite di tutti sconvolgendole anche senza apparente colpa di alcuno.
Abbiamo sottovalutato i segnali nascondendo la verità ai nostri stessi occhi. Ci siamo rintanati nel nostro io, chi spavaldo, chi pauroso, guardando al prossimo come a un nemico.
Il nemico invece era lui, invisibile e infido, imbattibile eppure labile al contempo.
Non abbiamo saputo dare quel colpo di spugna necessario alla sporcizia dell’umanità intera e ci siamo ritrovati, società civili e gente comune, in un’atmosfera di guerra.
La guerra ha sempre un motivo, prescinde da una dichiarazione tra contendenti e si svolge su un campo.
Oggi sappiamo che abbiamo dovuto lottare con le mani e con i denti, con le conoscenze e con l’esperienza per arrivare a una vittoria che speriamo non si riveli solamente un cessate il fuoco.
Le nostre armi ora sono più potenti, ma non è detto che anche lui non sia corso ai ripari e mediti vendetta.
Abbiamo sperato e pregato, ci siamo rivolti a quell’entità che tutto può, ma nella processione abbiamo accettato il prezzo.
Sapevamo che ci sarebbero state vittime, le avevamo messe in conto. Le guarigioni non ci hanno consolato fino a che la conta non si è invertita.
E allora abbiamo capito che la cima era stata raggiunta.
Abbiamo quindi lasciato fluire le acque del fiume, arginando la piena.
E l’acqua ha lavato i ponti, permettendoci di arrivare sull’altra sponda a salutare gli alleati. L’assedio è stato spezzato dalla tenacia e dalla resilienza, dalla scienza e dalla tecnica.
Ora abbiamo un mondo più pulito.
Sarà anche un mondo migliore?
Sapremo far tesoro di tutto questo o torneremo a mangiare e distruggere senza rispetto alcuno?
Domani. Domani sapremo la verità.
Ci sveglieremo al canto del gallo e diremo la nostra preghiera a noi stessi, unici untori di questa sciagura.
Poi prenderemo in mano la scopa e ci daremo all’opre.
E il vicino smetterà di guardarci con sospetto.
Forse.

martedì 12 maggio 2020

UMANITA'


E allora, Umanità?

-        E allora?
-        Allora cosa?
-        Che farai?
-        Non lo so.
-        Non pensavi forse di farcela?
-        Sì, ma non con queste conseguenze.
-        Eppure ci siamo ritirati qui proprio per questo: pensare al domani.
-        Ah, tornerà come prima, se non peggio.
-        Il solito.
-        Non nutrite speranza che più di qualcuno abbia imparato qualcosa?
-        Certo, ma credete che poi lo mettano in pratica o si lasceranno sopraffare dalla quotidianità?
-        No, ma quando mai!
-        E allora perché non proviamo a rimetterci in piedi incominciando con il nostro esempio?
-        Hai delle teorie o vuoi stilare un programma?
-        Dai, avanti, facci capire.
-        Ecco, magari per prima cosa, torniamo a casa dimostrando che lo vogliamo.
-        Punto primo: entrare con un sorriso e non lamentarsi di questo o di quello.
-        Poi un bacio a ciascuno, ma non esageriamo che l’astinenza è stata dura.
-        Lo sappiamo, lo sappiamo.
-        Poi stare attenti a dieta e soldi.
-        Condivisione dei beni!
-    Nel lavoro fare veramente gioco di squadra, sollevando le idee gustose e limando le critiche invertebrate.
-        Esatto. Quel che io non so, lo sai tu etc.
-        Rispettare anche le regole.
-        Sempre che non ce ne siano troppe o che contrastino tra di loro.
-        Agire con chiarezza e onestà.
-        Non si chiama coerenza?
-        Con un pizzico di rispetto.
-        Di quello buono, però e solo se si è convinti del proprio.
-        E poi un punto cruciale, amici: l’impegno.
-        E quando?
-        Non solo nel tempo libero.
-        Sempre e in tutto?
-        Allora è passione.
-        Mostriamo la faccia, ma configuriamola con il coraggio dell’azione.
-        Nel nostro cerchio?
-        Non solo.
-        Ma non mi dire che ti fai francescano.
-        Uno laico, per esempio, potrebbe essere un’idea, ma va modernizzato.
-        Del tipo saio e tablet?
-        Del tipo abiti normali e cervello. E di conseguenza tecnologia al servizio dell’immaginazione.
-        E l’ambiente?
-    Sono eco, eco, eco… da sempre, ma ogni nostra decisione dovrà tenere conto del futuro del pianeta.
-        Per me, per te, per tutti!
-        Esatto.
-    E non ultimo i sentimenti e le emozioni, filtrate dalla ragione e condotte fuori dall’anima attraverso la logica.
-        Ehi, fin qui mi piacevi!
-        Cosa ci sarebbe di strano?
-        Concordo che non dovremmo lasciarci trasportare e arrivare a estremi, ma anche piatti, no!
-        Tranquillo, si potrà ridere e piangere. E anche tanto altro, ma non troppo impulsivi.
-        Non male.
-        Mah, vedremo.
-        Sì, vedremo un mondo nuovo, umano.





lunedì 4 maggio 2020

DOMANI E' GIA' OGGI

Domani si potrà uscire. Non liberamente circolare, ma per lo meno non si dovrà stare attenti alla distanza, ai controlli. Insomma torneremo a una normalità di facciata.
Sarà bello poter tornare al lavoro. Con colleghi e superiori ci scambieremo i racconti delle nostre “ferie coatte” e sarà come il primo giorno di un nuovo anno scolastico.
Torneremo a sorriderci, a fare battute o a commentare le formazioni calcistiche dopo le manovre di mercato.
Qualcuno tenterà anche di mascherare quell’ombra di tristezza per un proprio caro e qualcun altro la nostalgia del poter evitare il traffico dell’ora di punta.
Si tornerà a vedere i negozi aperti, magari senza aver voglia di comprare se non il necessario per coprirsi o per sostituire un capo ormai logoro.
Si scommetterà anche sulle liste per le elezioni, con i partiti ormai tutti sciolti. Forse ci troveremo davanti al dualismo all’inglese con conservatori e progressisti o i soliti schieramenti di destra e sinistra che andranno in mischia appena insediati.
I miei bambini resteranno ancora una settimana a casa, ma fremono – inusuale – per occupare i loro banchi. Forse la maestra concederà loro di sedere accanto alla bimba dagli occhioni grandi e dai capelli d’oro o forse anche il bulletto si sarà calmato. Ci saranno giochi con numeri e lettere e tante altre cose da scoprire.
Mia moglie tornerà in palestra e con i miei amici ci ritroveremo per una partita di calcio balilla.
Fuori è primavera inoltrata e gli alberi, gustandosi l’aria più pulita, si ergono già frondosi facendo presagire paesaggi d’ombra e l’estate avanza.
Stiamo respirando un’aria nuova di unità e rinnovata sensibilità non solo per il prossimo. Cambieremo rotta in economia, troppo dipendenti dall’estero che in quanto a solidarietà non si è dimostrato generoso. E non solo in questa occasione.
Dovremo ripartire da noi, dal nostro orticello, condividendo con la comunità i nostri frutti. Vedremo anche spuntare i soliti approfittatori o gli scansafatiche, ma sono sicuro che ci sarà spazio per tutti. O quasi.
Dovremo rimpiazzare la cultura perduta dei nostri avi che non abbiamo fatto in tempo ad apprezzare né a memorizzare. Avremo la tecnologia a condurci, anche se ora mi auspico che saremo noi a portarla al nostro seguito.
Avremo ricordi e uno spettro reale che ci rammenterà che se non stiamo attenti potremo ricaderci, nella trappola del troppo.
Riprenderemo piano piano le nostre abitudini cambiati dentro e forse anche fuori. Invecchiati o ingrassati o entrambe le cose. Molti avranno preso decisioni che magari non rispetteranno, ma io sono sicuro che tutto questo, le riflessioni, il dolore, lo spavento, la riscoperta di valori dimenticati ci avranno resi migliori. Almeno lo spero.
Ora mi corico. Domani è un altro giorno.