domenica 9 dicembre 2012

Dono disatteso

Andare per lo meno una volta a Messa è d’obbligo a Natale o almeno lo dovrebbe essere. In questo periodo gli animi cercano la compagnia, la solidarietà, la vicinanza del prossimo e la chiesa ne offre possibilità migliori e maggiori di qualsiasi altro luogo.
L’atmosfera è calda e lo spirito si eleva tra l’incenso e l’eco del coro. Melodie quasi soffuse si dilatano tra le arcate maestose o nelle piccole cappelle dove devoti si inginocchiano a chiedere grazia con una preghiera  silenziosa.
Anche Aldo era entrato con l’intento di raccogliersi davanti all’altare o vicino al Presepe in allestimento. Aveva bisogno di calma e di uscire dal trambusto del centro per riflettere su se stesso, sulla vita in generale. Si era seduto nei primi banchi, quelli che fin da piccolo aveva creduto riservati ai parenti nelle cerimonie importanti, alle suore alla domenica, alle autorità nelle feste nazionali. Lo aveva fatto apposta per capire cosa si provasse o cosa si vedesse di così speciale da quella postazione.
Stava lì come in attesa, guardandosi attorno di tanto in tanto. La gente arrivava mezza contrita, se non dal freddo sicuramente da qualche pensiero cupo e pesante. Tutti cercavano qualcosa: la vicinanza a Dio, a colui che tutto può, ma che poi, non si sa come, spesso non interviene. Facce senza speranza e troppo dolore giunti  forse già all’ultima spiaggia.
Anche Aldo era preso dai suoi pensieri ai quali cercava risposte.
Le navate si ergevano maestose sopra di lui, l’arco ad ogiva rendeva la profondità di un cielo irraggiungibile.  Aldo si sentì perso, solo, ma gli era chiaro che gli mancava qualcosa.
Le file di banchi erano ormai tutte piene di fedeli, la funzione sul punto di iniziare. Aldo si guardò di nuovo attorno, spaesato. Si sfregava le mani intirizzite, batteva leggermente i tacchi sul pavimento infastidendo le pie donne sedute accanto a lui con il rosario in mano.  Era entrato per cercare se stesso o il vero spirito del Natale, con tanto di cori soffusi e strette di mano per gli auguri. Cosa ci faceva lì in mezzo a gente che neppure gli degnava uno sguardo?
Si alzò e andò verso il Presepe. Le statuine c’erano già tutte, disposte come in bella mostra in un paesaggio improbabile, artefatto. Eppure avevano tutte un’espressione gioiosa e il viso rivolto verso quel pagliericcio, una specie di culla. Mancava il bambinello, per tradizione deposto solo in occasione della messa di mezzanotte del 24, ma quell’assenza per Aldo era più che simbolica. Era la sua mancanza di ideali, di speranza, di coraggio, di forza, ma anche quella di una fede, di un credo nelle proprie o altrui capacità di sollevarsi, di creare un futuro migliore.
Quel vuoto non sarebbe stato facile da colmare, nemmeno se fosse tornato a Natale stesso o a Santo Stefano davanti a quella rappresentazione. Il solo fatto di aver riconosciuto ciò di cui aveva bisogno gli doveva bastare per indicargli la via da percorrere.
Uscì di corsa, verso la folla noncurante di tanto dolore e indifferente ai bisogni altrui. Si perse tra le vie illuminate da frivoli simboli della festa.

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Silvia Licetti

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